Negli ultimi tempi molto si è detto su quanto Internet abbia mutato la
nostra mentalità, le nostre abitudini, i nostri automatismi quotidiani, ma
quello che colpisce di più è quanto capillarmente e radicalmente sia
riuscito a diffondere l’idea della condivisione. Quanti di noi non hanno mai
scaricato programmi, giochi, animazioni o simili? Eppure se ci pensiamo un
attimo: quante persone, prima di avere un qualche approccio con Internet
conoscevano il significato della parola download? Eh già, con un click
chiunque si può procurare una qualsiasi (o quasi) canzone di “Mr.xxx” da
ascoltare con comodo quante volte vuole. E così le grandi case discografiche
si sono arrabbiate e hanno imposto a Napster le loro condizioni.
Poco
importa se adesso occorre pagare una piccola quota di iscrizione per fare le
stesse cose di prima, il punto è che adesso si paga e prima no! Ci chiediamo
cosa ci sia di male a
condividere le risorse in comune e scambiarsele tra
amici: sì perché su Napster eravamo tutti amici. E d’altra parte permettere a chiunque di accedere al proprio archivio musicale, considerando
tutti i reali rischi legati a lasciare entrare altri sul proprio PC,
significa fondamentalmente avere fiducia di perfetti sconosciuti. Come mai
allora, non è mai stata tradita tale fiducia? Perché nasceva dall’esigenza
comune di non pagare somme esose per acquistare Cd che poi si possono
rivelare molto deludenti. D’altronde quanti di noi non sono mai andati da
amici portando con sé dei Cd da ascoltare tutti insieme? Quanti non hanno
mai prestato una cassetta musicale ad un amico? Qui non si parla di
duplicazione: utilizzare Napster non voleva dire procurarsi il supporto
musicale in maniera alternativa all’acquisto in negozio, ma semplicemente
avere versioni “demo” dei brani musicali, ascoltabili solo su Pc, non certo
su un normale stereo. E poi se molti si accontentano di questo, cosa vuol
dire se non che i prezzi al pubblico sono spropositatamente alti? Ma
rendiamoci conto: un Cd nuovo costerebbe al pubblico intorno alle 1500 lire,
mentre tra tasse, diritti d’autore, spese di produzione e distribuzione
arriva intorno alle 40.000 lire. Non sarebbe il caso di finirla? Non è
questo vergognoso monopolio che era in pericolo? Perché in fin dei conti
esistevano e tuttora esistono delle alternative per reperire musica su Web,
ma occorreva colpire Napster perché era il più famoso, il più utilizzato e
quindi il più scomodo. Stavamo per conquistare un’altra libertà: quella di
sottrarci ad un sistema operante in regime di monopolio. Ci è andata male,
almeno per ora, ma NET combattiamo insieme per il futuro!
Pubblicato nel mese di Gennaio 2001 sul mensile “Proposte di classe”
|