Da pochi giorni, si è concluso il 56°
Festival della canzone italiana di Sanremo…
Voglio dire la mia su questo Festival, il mio sarà un Festival fuori dal
coro.
Ormai è diventata una moda parlar male di Sanremo. Il Festival fa
parlare di sé a prescindere, perché è un’istituzione del nostro Paese.
Bisogna comunque commentarlo e criticarlo. Quasi sempre, però, appunto, ci
si ferma a dirne male, del presentatore, delle canzoni, degli abiti, delle
scene… di tutto quel che ruota intorno all’universo Sanremo. “Che brutto,
che noia…”. Questo è lo sport più gradito ai critici musicali e alla gente
comune. E ogni anno la musica non cambia, tanto che… mi domando e dico… non
sarà che si parla di Sanremo per partito preso? Perché si deve parlà?
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Giorgio
Panariello con Ilary Blasi e Victoria Cabello |
Il fatto è che il Festival è un evento e, in quanto tale, si ripete ogni
anno, con le stesse liturgie… le canzoni che, più o meno, un po’ si
assomigliano, tranne quei pochi pezzi che escono fuori dal coro, la scala
(che sia una scalona o una scaletta…) dalla quale scendono i cosiddetti big
in gara, il “signore e signori” del presentatore di turno che non manca di
rispettare la classica presentazione dei brani… “Di Tizio e Caio, “L’amore è
bello”, dirige l’Orchestra il Maestro Sempronio, canta Mario Rossi”,
l’inquadratura sul Maestro appena parte la canzone, le vallette messe lì a
far soprattutto da scenografia, la delusione per i brani migliori, sempre
esclusi dalla gara. E via via via…
E il fatto è che, in una televisione dove ormai si fa a gara per stupire,
per sconvolgere gli schemi, per andare avanti sempre e comunque, anche se
spesso andare avanti si rivela un retrocedere a livelli di bassa lega, il
Festival – come evento poco fa descritto – non soddisfa più, perché è
ripetitivo, senza colpi di scena e grosse trovate.
La gente genuina, che un tempo s’accontentava e godeva di una manifestazione
canora, con le sue canzoni belle e brutte e i suoi crismi, oggi non
s’accontenta più perché è stata abituata – purtroppo – a ben altri
spettacoli, a ben altri reality e uno spettacolo classico, ben strutturato
ma statico nella sua liturgia, sa di antico, sa di stantio, sa di noioso.
Non la penso così.
A me il Festival di Panariello è piaciuto e anche parecchio.
L’ho trovato di un buon livello generale, elegante, asciutto, senza troppi
fronzoli, con alcune canzoni di ottimo livello e molte altre sufficienti.
E scendo un po’ nei particolari…
Giorgio Panariello. Dopo il
grande successo del precedente Festival di Bonolis, l’attendeva un compito
affatto facile. Compito che ha svolto egregiamente, regalando ampio spazio
alle sue collaboratrici. Ha fatto il bravo presentatore, come il Festival
richiede. Poche battute? Poche gag? Sì, forse avrebbe potuto aggiungere
qualche altro momento di risata, ma… magari si sarebbe detto che “Panariello
ha fatto il comico, il Festival ha bisogno di un presentatore”…
Ilary Blasi e
Victoria Cabello direi promosse con un 8. La prima si è mossa con agio nel suo ruolo,
senza prendere papere (e va rilevato…) e regalando grazia. La seconda è
stata la rivelazione della manifestazione… “guastatrice” per ruolo, ha
dimostrato di saperci fare sulla scena, regalando humour e ironia. Forse… ha
avuto anche fin troppo spazio!
Gli ospiti. Nella gran parte italiani e va dato merito a Panariello di aver voluto
puntare molto sull’italianità. Ricordo Festival passati nei quali, dopo aver
già ascoltato 20 – 30 canzoni in gara, si apriva uno spazio infinito
riempito da ospiti stranieri, ai più sconosciuti!!! Che noia mortale…
Indovinatissima, invece, l’idea di
puntare su personaggi italiani, per dare ancora più risalto a una
manifestazione che italiana è. Di grande classe, ad esempio, il momento
regalato da Giancarlo Giannini, che ha intonato “L’uomo in frac”, divertenti
e briosi gli interventi di Pieraccioni e Verdone, bella l’interpretazione
regalata da Cocciante, grandi emozioni hanno fatto vivere i “commendatori”
Bocelli, Ramazzotti e Pausini… Gli unici due ospiti un po’ fuori luogo,
Travolta e John Cena… stranieri entrambi.
Le canzoni. Quella che, a mio
dire, è emersa su tutte (ma è gusto personale, ovvio), è “L’uomo delle
stelle” di Ron. Un capolavoro. Uno di quei brani che nascono ogni vent’anni
e rimangono nel tempo. Ma ottime le canzoni presentate da Zarrillo, Luca
Dirisio, Nomadi, Povia, Simone Cristicchi, Noa e Carlo Fava, Gigi Finizio e
I ragazzi di Scampia. Un buon livello
generale, con alcune perle che spiccano su tutte.
E direi di aver passato sotto esame gli ingredienti principali di un
Festival, aperto – ad ogni stacco – da una splendida musica composta per
l’occasione da Cocciante e costellato, qua e là, dalla presenza di quattro
indossatrici, pronte a sfilare con stupendi abiti delle principali griffes
italiane, per la gioia degli occhi, soprattutto maschili. Un Festival
rattristato solo dalla scenografia,
ideata da un grande quale Dante Ferretti ma inadatta al Festival, troppo
seriosa e triste.
Un Festival che, al contrario di quanto sottolineato da molti, non ci ha
fatto fare le ore piccole. Le prime quattro sere ha chiuso intorno all’una
ma le canzoni in gara erano terminate intorno a mezzanotte e mezza. Ricordo
bene tantissimi Festival, fino a pochi anni or sono, quando alle due s’era
ancora in onda, tra ospiti e attesa dei risultati…
Ecco. Detto ciò, aggiungo che il Festival di Panariello ha fatto registrare
ascolti ben più bassi
di quello, ad esempio, dell’anno scorso. E’ un dato di fatto.
Il Festival 2005
(organizzato da Bonolis) – che fece
registrare ascolti altissimi - a me è piaciuto tanto, ma diciamo che più che
il Festival a me è piaciuto Bonolis,
che – in qualsiasi salsa si trovi – è capace di portare a casa una serata
mai noiosa, con ritmo, verve, strappandoti la risata come se piovesse.
Perché Bonolis è un animale da palcoscenico, uno di quei pochi – insieme,
per esempio, a Fiorello – che è sinonimo di garanzia, a prescindere da ciò
che faccia. Con questo non voglio dire che Panariello non sia bravo, tutt’altro.
Ho imparato ad apprezzare Giorgio sempre più negli ultimi anni.
Giorgio non è solo “Mario, il bagnino”,
è un ottimo autore di canzoni, è un bravissimo attore anche drammatico. Non
è solo il comico anche se facendo il comico si trova forse nei suoi panni
ideali. Comunque, non è il classico presentatore, dunque ripeto che a
Sanremo ha fatto più che bene. Chi l’ha chiamato sapeva benissimo che
Panariello era un comico, un attore prestato al Festival; il Festival, cioè,
non sarebbe stato casa sua… come può esserlo invece per Baudo e Bonolis.
Dunque, perché lamentarsi poi? Perché
attribuire a Panariello colpe che proprio non ha?
Ha sempre affermato – da prima che il
Festival avesse inizio – che il suo sarebbe stato il Festival della canzone,
non il Festival di Panariello. E così è stato. Nel senso che non ha dato
un’impronta marcatamente propria al Festival, che di impronte deve avere
solo quelle musicali. Il Festival 2005 non è stato un po’ troppo il Festival
di Bonolis? Oggi, chi ricorda le canzoni di quel Festival? Quante ne sono
rimaste? E’ rimasto ben impresso Bonolis, che ha firmato da capo a piedi
quel Festival (ma ricordiamo pure le critiche feroci che ebbe, ad esempio,
per aver invitato Mike Tyson…).
Dunque, a conti fatti… si è parlato e sempre si parlerà di Sanremo. Ma
parlarne tanto perché se ne deve parlare serve veramente a poco.
Quest’anno la moda è stata dare
addosso a Panariello. Io lo salvo,
con tutto il suo Festival. Perché, ripeto, ha saputo confezionare un
Festival giusto, asciutto, senza troppe sbavature. Un Festival che è stato
una gara di canzoni, che è poi quel che dovrebbe essere Sanremo.
Se poi ci siamo stancati di vedere questo tipo di Festival, se ci aspettiamo
di vedere un Festival che assomigli magari ad un reality, se non ci bastano
più le canzoni ma vogliamo una manifestazione fatta anche di ospiti e di
scoop, allora diciamo che Sanremo ha fatto il suo tempo e stravolgiamolo
completamente.
Ma non sarà più il Festival di
Sanremo…

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